Nel periodo compreso fra 5,5 e 2,5 mila anni fa, nella Mezzaluna Fertile, i numerosi clan che vi si affollano cercano di darsi nuove e più complesse forme di organizzazione sociale nel tentativo di assicurarsi maggiori probabilità di sopravvivenza e migliori condizioni di vita. In questa corsa, i più favoriti risultano il clan specializzati nell’arte predatoria, i quali possono contare sulla loro organizzazione di tipo militare.
Alcuni clan di questi riescono a fondare città, regni, imperi e civiltà, costringendo numerose etnie a convivere all’interno di un’unica entità politica, che chiamiamo Stato, come se fossero un unico popolo. Le famiglie dominanti si spartiscono il bottino di guerra e le terre conquistate, acquisendo il diritto di proprietà sulle stesse, mentre i vinti vengono resi schiavi e costretti a lavorare per la pura sussistenza.
Si creano così le condizioni per un surplus di dimensioni mai viste in precedenza, che serve per il mantenimento di un esercito, il quale, a sua volta, serve a garantire la conservazione dei territori conquistati e della proprietà privata. In particolare, nelle città si realizzano condizioni favorevoli alla divisione dei ruoli e si affermano classi sociali che si occupano esclusivamente dell’amministrazione del surplus e possono soddisfare i propri bisogni primari grazie al lavoro di altri.
A differenza della società tribale, la società urbana diventa duale, è cioè divisa in un piccola parte di ricchi proprietari, che tende a conservare e difendere i propri beni e il proprio status, e in una grande massa di nullatenenti, che sta al servizio dei primi. Il re, insieme a poche famiglie di funzionari e guerrieri, non solo controlla la maggior parte delle risorse, ma esercita anche ogni potere (esecutivo, legislativo e giudiziario), compreso quello di vita o di morte sui singoli sudditi. A poco a poco, quelli che prima erano equilibri di forza si vanno tramutando in principî di diritto, e così la proprietà privata, nata dal sangue e dalla rapina, viene tutelata dalla legge e diventa diritto.
Gli sconfitti sopravvissuti, quelli cioè che, a seguito di una guerra, hanno perso i loro cari, le loro terre e le loro case, non possono, per ovvie ragioni, accettare lo Stato come un’entità politica giusta e desiderabile e non hanno alcun interesse a sostenerlo, né si riconoscono in esso. Nello Stato invece si riconoscono quanti ne traggono un qualche vantaggio, e questi sono, sostanzialmente, i proprietari terrieri, quelli cioè che hanno ricevuto una parte delle terre conquistate, che verrebbero perdute se lo Stato si dissolvesse, ma anche da tutti coloro che, a vario titolo, ricevono il soldo dal sovrano: soldati, funzionari, mercanti, artigiani, ecc..
Ora, gli Stati non sono società naturali e possono sussistere solo ad una o ad entrambe le seguenti due condizioni: che siano riconosciuti da tutti come una forma di convivenza desiderabile, che siano sostenuti con la forza. Perché si verifichi la prima condizione, occorrerebbe che lo Stato fosse da tutti considerato giusto, ma così non è stato quasi mai nel corso dei secoli e, perciò, è rimasta sul campo solo l’alternativa della forza. Dal momento che da molti il potere dei clan dominanti è stato percepito come ingiusto, ne consegue che esso ha potuto reggersi in piedi prevalentemente con la forza.
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6 mesi fa
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